Diverse persone mi hanno detto che parlo molto spesso di ciclo, pms, assorbenti, varie ed eventuali. Probabilmente è vero. Secondo me però, nell’ancora poco evoluta società in cui ho il piacere di condurre la mia vita, non se ne discute abbastanza.
Tutte le donne sanno cosa significa avere le mestruazioni, ovvio. Tutti gli uomini pensano di sapere – e questo non significa che effettivamente lo sappiano, ma questa è un’altra storia – com’è dimenarsi ogni mese tra assorbenti, antidolorifici, borse dell’acqua calda e quant’altro.
Inutile dire che c’è molto di più. Le mestruazioni sono soltanto la punta dell’iceberg, il culmine tangibile e concreto di un processo che si ripete e si perpetua nei nostri uteri finché non sopraggiunge la menopausa per porre fine al tutto e chiudere i rubinetti.
Personalmente però, a privarmi di ogni energia e a stressarmi in modo inenarrabile, è più tutto quello che succede prima del Profondo Rosso. È vero, il primo giorno di mestruazione è paragonabile ad eventi di portata tragica tipo la disfatta di Caporetto, ma anche il premestruo non regala tutte queste grandi gioie.
Con la stessa irritante puntualità di un fidanzato alle prime armi, 14 giorni dopo il ciclo inizia l’ovulazione, ovvero il momento in cui di lì a poco i nostri ovociti sono pronti e speranzosi di avere un incontro ravvicinato del terzo tipo con un fortunato spermatozoo. A me inizia già il giramento di palle.
Sebbene non mi dispiaccia l’aspetto radioso della mia pelle e sebbene io gioisca nel vedere il seno gonfiarsi poco a poco, fiuto già nell’aria l’instabilità emotiva che mi aspetta di lì a breve. I dieci giorni che mi separano dal ciclo – giorno nefasto cerchiato sul calendario e temuto come il giorno dell’apocalisse – sono una tragica climax crescente di psicodrammi che si consumano nell’intimità del mio cervello, scatenando una serie di comportamenti degni di Tyler Durden.
– 10 giorni all’apocalisse: inizio a percepire un discreto aumento di appetito ma stoicamente resisto e persisto nel rispetto della mia piramide alimentare saldamente costruita e basata su verdure, hamburger di soia, petto di pollo alla Canalis, yogurt greco 0% e avena;
– 7 giorni all’apocalisse: la soglia di sopportazione, già notoriamente molto bassa, inizia a vacillare e a rasentare i minimi storici. Cerco di limitare i contatti umani, soprattutto quelli con il genere maschile che, contro ogni logica alcuna, sembra avere la straordinaria capacità di individuare il momento meno opportuno per palesare tutta la sua ottusità;
– 5 giorni all’apocalisse: l’emotività prende il sopravvento sulla razionalità. Seguono momenti di incomprensibile ed immotivata euforia seguiti a ruota da preoccupanti istanti di depressione mista a voglia di lanciare un lettino in piscina, gridando e agitando le mani in pieno stile Marissa Cooper;
-3 giorni all’apocalisse: guidare senza scatenare una faida ad ogni incrocio appare impossibile, così come fermare le lacrime alla prima canzone di Adele che passa alla radio o alla pubblicità delle docce Remail con gli anziani che non riescono ad entrare nella vasca per lavarsi;
-2 giorni all’apocalisse: perduta ormai ogni forma di controllo, cerco rifugio nel cioccolato che in questi momenti non deve mancare mai – ripeto: non deve mancare mai, ne va dell’incolumità di chi mi vive intorno – per poi passare ore davanti all’armadio prima di uscire, nel vano tentativo di camuffare una pancia gonfia degna delle migliori protagoniste di Non sapevo di essere incinta;
– 1 giorno all’apocalisse: seguono 24 ore confuse in cui si alternano in ordine sparso e confuso crollo di nervi, pianti isterici e crisi di panico scatenate da problematiche banali che ordinariamente non creerebbero difficoltà alcuna nella loro risoluzione: unghia spezzata, maglia preferita macchiata, brufolo improvviso, nessuna risposta pervenuta ad un messaggio, persone che respirano troppo rumorosamente nei paraggi.
E poi finalmente, con un dinamico remake della scena dell’ascensore di Shining, i fiumi di porpora scorrono impetuosi, liberandoci dal male della pms. Segue giornata di odio totale nei confronti degli uomini, esenti non soltanto dalla piaga della ceretta brasiliana ma anche dai crampi e dal disagio di avere un pannolino per cinque giorni al mese. Giorni in cui, ci tengo a sottolinearlo, nessuna donna sana di mente prova l’impellente desiderio di lanciarsi col paracadute, sperimentare il free climbing, piroettare e fare ruote lungo praterie sconfinate.
Dunque, in conclusione, suppongo che agli uomini sorga spontaneo chiedersi quale sia l’unico modo per uscire indenni da tutto questo.
È molto semplice in realtà.
Non rompete i coglioni. E tutto andrà bene, ve lo assicuro.