Il paradosso dello sposarsi da sole

Da qualche giorno ho la bacheca letteralmente invasa da video e notizie sulla tipa che avrebbe deciso di spendere giusto qualche migliaio di euro per delle nozze sontuose, con tanto di vestito da principessa, fede d’oro, torta a cinque piani, bouquet e annessi.
L’unica cosa che mancava, dettaglio del tutto irrilevante, era lo sposo.

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Sì, praticamente lei si è sposata da sola, si è infilata un anello all’anulare sinistro e si è giurata fedeltà davanti a Dio, cazzi e mazzi (scusate, ma non so bene come funziona perché ai matrimoni mi distraggo sempre per guardare come sono vestiti gli invitati).
La “sposa single“, così si sarebbe soprannominata.
Tralasciando che il concetto è già antitetico dal punto di vista lessicale, non mi vergogno di dire che dietro questo gesto fatto per sbandierare una qualche emancipazione – che giuro, mi sfugge totalmente – io ci vedo gli strascichi di un retaggio culturale ormai obsoleto che affligge noi donne dall’alba dei tempi.

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Il matrimonio non è mai stato sinonimo di emancipazione, almeno per noi donne. Come ha spiegato bene Stella Pulpo – sì, è la famosa Vagina di Memorie di una Vagina – in questo articolo per Linkiesta, non bisogna andare troppo indietro nel tempo per trovare casi di matrimoni combinati dai padri. Matrimoni in cui le figlie venivano date senza troppi complimenti al primo benestante di turno, un po’ per levarsele dai piedi (le femmine erano una disgrazia, bocche da sfamare e inutili per lavorare!) e un po’ per garantire un tornaconto economico alla famiglia.
Basti pensare al ritratto sociale che spesso Jane Austen faceva, seppur ironicamente, nei suoi romanzi. Mi viene anche da pensare al delitto d’onore e al matrimonio riparatore, di cui ci siamo sbarazzati soltanto all’inizio degli anni Ottanta.
Sì, è vero, oggi la situazione nella maggior parte dell’Occidente è cambiata e nella maggior parte dei casi ci si sposa con una coscienza ed una consapevolezza diverse. Ma è altrettanto vero che per le donne il matrimonio viene costantemente visto come un fine ultimo da raggiungere, il nonplusultra della realizzazione.
Per farla molto semplice: quanti uomini si sentono chiedere a Natale dalla prozia quando si sposeranno? Quante donne invece?

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(E qui mi sento di invitarvi a rispondere come faccio io con mia madre quando, in preda ai deliri del suo recondito desiderio di diventare nonna un giorno, mi sollecita con frasi d’incoraggiamento quali “ma magari te se incolla qualcuno”. E io sorridendo le dico: “Mamma, i fidanzati sono utili ma non indispensabili. Come il piega ciglia. Se ce l’hai lo usi, ma senza campi lo stesso”).

Insomma, a mio modesto avviso non è necessario spendere diecimila euro per sbandierare la propria autonomia, la propria indipendenza e il proprio amore verso se stesse. Anzi. Servirsi di una cerimonia che da sempre e per sempre vuole unire due entità mi sembra paradossale. È un po’ il concetto di “Bombing for peace is like fucking for virginity”. Perché se la nostra amica sposa single avesse vissuto bene il suo essere effettivamente single, non avrebbe sentito il bisogno di questo gesto abbastanza plateale per renderlo noto. Si sarebbe limitata a fare quello che fanno tutte le donne single, ovvero vivere la sua vita senza permettere alla società di condizionarla nelle sue scelte e nei suoi progetti. Sognare l’abito bianco, lo strascico, la torta e il bouquet è un po’ quello che ci inculcano in testa sin da bambine. Ci dicono da sempre che quello è il grande giorno. Ma non deve essere necessariamente così per tutte. Ad oggi per esempio il mio grande giorno è stato quello della mia laurea. Perché ho realizzato qualcosa di importante, di bello, qualcosa in cui credevo. E l’ho fatto da sola, com’è naturale e giusto che sia. Avevo comunque accanto le persone importanti della mia vita con cui sono stata felice di festeggiare un mio momento.
Io credo che la sposa single avrebbe potuto tranquillamente celebrare la propria individualità in modo più consono per quello che di fatto sostiene di essere orgogliosamente, ovvero single.

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Quindi, come Stella Pulpo, anche io mi auguro che costei rimanga la prima ed ultima sposa single. Perché, per quanto io adori Carrie Bradshaw – che comunque non aveva mai fatto un festone in stile Boss delle Cerimonie – se non ricordo male lei stessa ammette di essere alla continua ricerca dell’amore “del genere non posso vivere senza di te“. Ecco, io credo che nel 2017 siamo tutte abbastanza intelligenti ed in gamba per riconoscere che ci siano cose più importanti da cercare con tanto affanno.
Un lavoro che ci piaccia davvero. Un’indipendenza, tanto economica quanto affettiva. La felicità. Il nostro posto nel mondo. E se poi nel mentre dovesse spuntare fuori anche l’amore, ben venga. 

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