Nonostante la mia giovane età devo riconoscere che i miei passatempi preferiti sono un chiaro indice dell’indole pesaculo con cui convivo benissimo da anni e anni.
D’estate sono sempre in giro, non tornerei mai a casa, ma d’inverno se potessi andrei in letargo come gli orsi. Ma appartenendo alla discutibilissima specie homo sapiens devo arrangiarmi come posso, adeguandomi agli usi e costumi dei miei simili.
Da quando poi le mie ore di sonno si sono ridotte drasticamente non sono nuova a trascorrere le serate invernali avvolta nel piumone assumendo le sembianze di una sorta di kebab umano, per lo più leggendo o appunto guardando film.
Mi sono appassionata veramente al cinema soltanto dopo aver avuto modo di studiarne le nozioni basilari per alcuni esami durante la triennale, continuando poi ad approfondire per conto mio. In particolar modo mi sono concentrata sul cinema americano.
Adoro il cinema Hollywoodiano, molti dei miei film preferiti sono per l’appunto americani e abbracciano il ventennio degli anni 50-60.
Quindi, visto che a volte gli amici si fidano dei miei consigli cinematografici e visto che mi è piaciuto scrivere il post su Before Sunrise, sento che fare propaganda a quei film che secondo il mio opinabile parere meritano di essere guardati almeno una volta nella vita, è cosa buona e giusta.
Ma considerando pure che non so scegliere – sono pur sempre della Bilancia!– e che rischierei di buttar giù un trattato prolisso, ho pensato bene di limitarmi per il momento al decennio degli anni Cinquanta che di per sé mi ha dato fin troppo filo da torcere per tirar fuori questa selezione.
1# Sunset Boulevard (Viale del tramonto) – 1950
Di Billy Wilder che, non a caso, è uno dei miei registi preferiti. Lei, Gloria Swanson, è una delle attrici più celebri del cinema muto e qui interpreta proprio un’ex diva decaduta con l’avvento del sonoro. C’è anche Erich von Stroheim – che io conoscevo principalmente come regista – nei panni del suo maggiordomo. La scena finale fa venire i brividi, il film non a caso ha vinto tre Oscar.

(Erich von Stroheim con un adorabile piumino e la divisa da cameriere)
(William Holden interpreta uno sceneggiatore che per caso incontra la Swanson e diventa preda del suo malsano desiderio di riconquistare Hollywood)
(La Swanson avrebbe meritato l’Oscar già soltanto per il folle finale)
2# All about Eve (Eva contro Eva) – 1950
Bette Davis. Mia diva preferita seconda soltanto ad Audrey Hepburn – sì, sarò banale che devo farci! – e prova realmente esistita del fatto che essere esteticamente perfette e oggettivamente belle non equivale ad avere fascino.
La povera Bette si sentiva brutta e lo diceva pure durante le interviste senza troppi giri di parole. Per questo, nel corso della sua tormentata vita, si è adoperata tanto a costruire un personaggio interessante: sigaretta in una mano, bicchiere di scotch nell’altra, occhi scintillanti sintomo di un’espressività ineguagliabile che si palesa anche in questo film, vincitore di ben sei statuette.

(Bette Davis interpreta una diva teatrale – ovviamente! – Margot Channing: sigaretta e bicchiere immancabili nella vita e nella scena)
(Chi sarà la biondina sulla destra? La riconoscete? Sì, è proprio lei, Marilyn Monroe!)
(“Ho orrore del romanticismo a buon mercato” – battuta meravigliosa di Margot.)
3# Roman Holidays (Vacanze Romane) – 1953
Anche prima di Bette c’è lei: Audrey Hepburn. Bellissima, affascinante, elegante come nessuna mai prima e dopo.
Non è questo il suo film che preferisco, ma è quello che l’ha consacrata al mondo delle dive, diventando una delle stelle più scintillanti ad Hollywood. E poi c’è Gregory Peck, uno squattrinato ed irresistibile Gregory Peck nelle vesti di un disperato giornalista americano alla ricerca dello scoop che gli possa fruttare qualche soldo per tornarsene da Roma negli Usa.
Audrey Hepburn è una delizia, tanto sulla Vespa – divenuta famosa grazie a questo film! – quanto sulla scalinata di Piazza di Spagna. La mia scena preferita è sicuramente quella in cui i due protagonisti sono alla Bocca della Verità, quando Gregory Peck finge di aver perso la mano e la Hepburn grida: si tratta di un’improvvisazione non prevista dal copione.
(Cosa fa una donna – che sia una principessa o un’impiegata – quando vuole cambiare? Ovviamente si taglia i capelli!)

(“C’era un uomo. Mi ha trattata davvero male. È stato meraviglioso!”)

(Tra l’altro per la prima volta viene capovolta la situazione standard “donna povera si innamora del bel principe”. Ma chi avrebbe resistito al fascino di Gregory Peck?)

(“Ai rappresentanti della stampa estera: Il ricordo di questa mia visita non mi abbandonerà fin tanto che vivrò.” Ah, gli amori impossibili!)
4# Sabrina – 1954
Sempre per restare in tema Hepburn e per citare un altro esempio della brillante regia di Billy Wilder. Non esiterei un secondo a definire questo il più bel film in assoluto con Audrey, nonché mia commedia sentimentale preferita su tutte.
Tra l’altro uno dei due protagonisti maschili è interpretato da un altro mio grande amore hollywoodiano, Humphrey Bogart.
(Sabrina è la figlia dell’autista della famiglia Larrabee, è disperatamente innamorata di uno dei due figli, un rampollo sciocco, superficiale e dedito solo al divertimento che ovviamente non la calcola nemmeno per sbaglio.)

(Il padre la spedisce a Parigi, dove fa un corso di cucina. Celebre la battuta: “Una donna felice in amore lo brucia il soufflè, ma una donna infelice…ahimé, si dimentica di accendere il forno!”)
(Quando torna Sabrina sa cucinare poco e niente, in compenso però è diventata una vera mondana parigina super chic, come dimostra il suo barboncino. E improvvisamente non è più tanto invisibile agli occhi del rampollo scemo… e non solo!)
(Gli abiti della Hepburn sono tutti di Givenchy: non è un caso che l’unico Oscar vinto dal film sia stato proprio per i costumi!)
(La scena finale è secondo me una delle scene d’amore più belle della storia del cinema nonché conferma che sì, sono nata decisamente nell’epoca sbagliata!)
5# Rear Window (La finestra sul cortile) – 1954
Mio film preferito di Hitchcock, adoro l’accoppiata James Stwart e Grace Kelly, che ovviamente segue a ruota Bette Davis nella mia classifica delle dive del cinema (e dopo di lei c’è Marlene Dietrich). Si potrebbero scrivere papiri interi su questo film, dalla genialità della trama – stiamo pur sempre parlando di Alfred Hitchcock! – all’uso della cinepresa, ma non mi metterò a ricoprire il ruolo di barbosa ed improvvisata critica cinematografica che proprio non mi appartiene!
(Le finestre dei vicini di Jeff, dei quali inizia per noia a “spiare” alcuni momenti di vita.)
(Il tutto sfocia in una pericolosa ossessione quando Jeff si convince che uno dei suoi vicini abbia ucciso la moglie ed incomincia a spiarlo con più attenzione, grazie alla sua macchina fotografica e all’aiuto della sua infermiera e della sua splendida fidanzata.)
(Grace Kelly qui è la prova vivente che anche se sei a dir poco meravigliosa e ricca, riuscire a convincere un uomo a sposarti è un’impresa titanica!)
6# Dial M for murder (Il delitto perfetto) – 1954
Anche qui Grace Kelly non è proprio la più fortunata delle donne: è sempre molto ricca ed è riuscita a farsi sposare, sì, ma il marito dopo aver scoperto una sua liaison con uno scrittore decide di farla fuori. È con questo film che viene sancito il legame Hitchcock-Kelly, al punto poi da volerla per La finestra sul cortile e Caccia al ladro (ho inserito prima Rear Window, lo so, è cronologicamente errato ma mi piaceva di più e non ho resistito!).
Hitchcock ha realizzato le riprese in appena 36 giorni.
(Ray Milland, che interpreta il marito cornuto, decide di assoldare come sicario un suo vecchio compagno di college con la fedina penale non proprio pulitissima)

(Vedi Grace che succede a sposare – e tradire! – un povero? Che mette su tutto ‘sto casino solo per toglierti dalle balle ed ereditare la tua fortuna!)

(Mi limito a dire che le cose non vanno proprio come previsto e che gli uomini troppo spesso sottovalutano l’intelligenza e l’abilità delle bionde.)
7# Le notti di Cabiria – 1957
L’unico film italiano che ho messo in lista. Non sono una grande fan del cinema italiano in generale – lo so che forse è un’eresia – ma degli anni Cinquanta sono veramente poche le pellicole italiane che mi hanno entusiasmata. Forse potrei includere I soliti ignoti e I vitelloni, ma non sarebbero al livello dei film che ho elencato finora.
Le notti di Cabiria invece secondo me lo è eccome. Uno dei pochi registi italiani che ho imparato ad amare è proprio Federico Fellini. Forse perché i suoi film sono unici nel suo genere e a me piacciono gli artisti che sanno farsi riconoscere: se si guarda un film di Fellini senza sapere effettivamente che è suo, lo si può intuire facilmente. È uno di quei registi che riesce ad apporre una firma, un traccia di sé in ogni lavoro.
Le notti di Cabiria è un film che tocca picchi di poesia sublimi, principalmente grazie all’interpretazione di Giulietta Masina (moglie di Fellini).
(Cabiria è costretta a prostituirsi per sopravvivere, ma non ha assolutamente né l’aspetto né l’indole da lucciola. Dietro l’aria da dura donna di strada disincantata, Cabiria crede nell’amore.)
(Cabiria si scontra con la malvagità del mondo. La sua fiducia nel bene viene tradita, soprattutto dagli uomini. Ma anche quando tutto sembra perduto lei riesce a sorridere.)

(E sorride pure tra le lacrime, dopo aver urlato “Non voglio più vive!” e aver perso i soldi e quello che credeva fosse l’amore della vita. L’inquadratura finale del suo sguardo vale praticamente tutto il film. Giulietta Masina qui è m e r a v i g l i o s a.)
8# Paths of glory (Orizzonti di gloria) – 1957
Quarto film di Stanley Kubrik, pellicola sulla prima guerra mondiale. Generalmente non amo il genere, ma questo oltre ad essere piuttosto breve è anche molto molto intrigante. In seguito ad un attacco contro i tedeschi miseramente fallito, il generale francese Mireau vuole che dapprima che venga fatto fuoco sui suoi uomini. Il comandante dell’artiglieria però rifiuta di obbedire all’ordine e così viene richiesta la fucilazione di 100 uomini sostenendo l’accusa di codardia. Il generale Broulard, suo superiore, gli consente di prenderne 3, uno per ogni compagnia coinvolta.
Si svolge un processo davanti alla Corte marziale, con il quale Kubrik non fa che rendere sempre più manifesta la sua critica nei confronti del mondo militare, degli scenari di guerra e dell’ipocrisia delle istituzioni.
(Ovviamente i francesi non presero molto bene la faccenda, il film fu censurato fino al 1975. Capacità di accettare le critiche: livello principiante!)
(Beh, non volevo fare spoiler, però mi sembrava piuttosto scontato che alla fine i tre venissero condannati a morte. Non c’è proprio tutto questo effetto sorpresa, ecco.)
9# Vertigo (La donna che visse due volte) – 1958
In moltissimi lo considerano il più bel film di Hitchcock, suo capolavoro assoluto. In effetti ci sono tutti i presupposti per pensarlo, a partire dall’intreccio, dalle interpretazioni dei protagonisti, fino alla fotografia.
La prima volta che ho visto questo film sono rimasta senza parole, soprattutto perché è stato girato nel 1957: prova che Hitchcock è veramente uno dei registi più brillanti mai esistiti. Qualche anno fa lo hanno restaurato e proiettato in due – ebbene sì, solo due!– cinema di Roma in lingua originale: soldi assolutamente ben spesi!
Qui il mio adorato James Stewart non è accompagnato da Grace Kelly, ma poteva Alfred fare un film senza una bionda spettacolare? Ovviamente no. Kim Novak si dimostrò più che all’altezza. Il film, dal 2012, è al primo posto nella classifica dei cento film statunitensi più belli della storia.
(Il tema del doppio, il tema dello specchio, il tema del vortice. Tutto torna in quest’unico fotogramma.)

(James Stewart dovrebbe indagare e svelare il mistero di Madeleine – Kim Novak – ma ovviamente si innamora di lei.)
(E poi il mistero si rivela essere tutt’altro…ma non aggiungo nulla, perché con Hitchcock non si spoilera nulla!)
10# Les 400 coups (I 400 colpi) – 1959
Dopo Hitchcock non si può non parlare di Truffaut, in particolare del film Les 400 coups con cui il regista, uno dei massimi esponenti della Nouvelle Vague, lancia sullo schermo il personaggio di Antoine Doinel. Qui Antoine è bambino, lo scenario è quello di una meravigliosa Parigi negli anni Cinquanta e la storia è semplicemente quella della sua complicata infanzia, tra monellerie e situazioni equivoche. Il titolo del film in italiano perde di senso, visto che in francese l’espressione “faire les quatre cents coups” equivale al nostro “fare il diavolo a quattro“.

(Antoine Doinel è interpretato da Jean-Pierre Léaud, nel film ha dodici anni ed è figlio di una madre un po’ stronza. Vive con lei ed un uomo che non è suo padre ma che gli vuole comunque molto bene nonostante ogni tanto combini qualche guaio.)
(Antoine ad un tratto scappa di casa e si rifugia in casa dello zio del migliore amico, René, con cui progetta il furto di una macchina da scrivere per poterla rivendere. Con i soldi Antoine vuole pagare una gita al mare per sé e per l’amico. Il suo unico desiderio infatti è questo: vedere il mare per la prima volta.)
(Truffaut ha realizzato altri tre film e un episodio con protagonista Antoine Doinet.)
11# Some like it hot (A qualcuno piace caldo) – 1959
Non sono una di quelle che impazzisce per Marilyn Monroe, non è una delle mie dive preferite nonostante sia bionda, e non ho visto nemmeno tutti i suoi film.
Ma è impossibile non guardare almeno una volta questo, in primis per Jack Lemmon che ha meritatamente vinto l’Oscar come miglior attore. E poi la trama è veramente divertente, una commedia degli equivoci costruita alla perfezione, ennesima dimostrazione del talento ma anche dell’originalità di Billy Wilder.
Tra l’altro la battuta di chiusura del film è stata inserita tra le migliori cento battute del cinema statunitense!
Adorabile anche il personaggio di Marilyn, Sugar – Zucchero nella versione italiana– una suonatrice di ukulele super sfigata in amore, che beve per dimenticare le sue perenni pene d’amore.
(“Non sono un’ubriacona, posso smettere quando voglio. Solo che non voglio, specialmente quando sono giù!” Super simpatica Sugar, con una fiaschetta sempre nascosta nell’autoreggente.)
(“È la storia della mia vita: se c’è una ciliegina col verme, tocca sempre a me!” E pensa Marilyn, tu non hai avuto mai a che fare con doppie spunte di Whatsapp, ultimi accessi tolti e uomini con ciuffo ingellato e risvoltini!)
(Adoro i dialoghi dei film di Wilder, sono geniali. Come quando Sugar chiede a Junior-Joe: “Aspetta da molto?” e lui risponde “Non importa quanto si aspetta, ma chi si aspetta!”)
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12# Ask any girl (Tutte le ragazze lo sanno) – 1959
Ed ecco questa giovane donna, un po’ ingenua e un po’ pasticciona, che da un paesino di provincia approda a Manhattan alla ricerca di un lavoro e di un marito, ovviamente.
Mentre tenta a tutti i costi di far innamorare di sé un paio di discutibilissimi marpioni che vogliono soltanto infilarsi nelle sue mutande, Meg si ritrova a fingere di essere ciò che non è, volendo a tutti i costi diventare qualcuno che gli uomini desiderino.

(Shirley-Meg, a ventiquattro anni, sogna un uomo che voglia presentarla ai genitori e che la sposi. Se fosse nata negli anni novanta probabilmente si sarebbe già uccisa!)

(Per far innamorare il suo capo chiede aiuto al fratello più grande e stravolge le sue abitudini: dal colore di capelli al modo di ballare…)

(Finché però, del tutto inaspettatamente, non si ritrova innamorata del suo mentore che, altrettanto inaspettatamente, s’invaghisce di lei così com’è. Ah, inutile dire che i due all’inizio si trovano insopportabili!)
Viale del tramonto l’ho rivisto recentemente al cinema, in lingua originale, ed è stato travolgente. Il finale, con lo splendido delirio di Gloria Swanson, è indescrivibile. Io nella lista avrei aggiunto anche La strada, L’infernale Quinlan e, per affetto personale, I soliti ignoti. Però, anche cosi, mi sembra perfetta.
I soliti ignoti è uno dei pochi film italiani che mi piace, forse proprio perché a farmelo vedere è stato mio padre! Purtroppo ho una netta preferenza per il vecchio cinema americano, escluso il western che proprio non fa per me, lo trovo soporifero e non riesco a farmelo piacere!
Sono contenta però di ricevere consensi, mi fa sentire meno “vintage” 😀
Se amare Hitchock, Billy Wilder e Truffaut significa essere vintage, allora fiero di esserlo anche io! Sul western la pensavo come te (da ragazzino mi facevo certe litigate con mio padre perchè non volevo leggere i suoi Tex). Poi, costretto dai colleghi, ho dovuto vederne parecchi e alla fine ho imparato ad apprezzare il genere. Forse il film giusto potrebbe sorprendere anche te.
Ora sono curioso di leggere la lista dei Film imperdibili degli anni Sessanta 🙂
Ho provato a guardare Django una volta, soltanto per rendere onore a Django Unchained e a Tarantino – che adoro!- ma non ce l’ho proprio fatta! Forse dovrei partire dalle basi, magari leggendo qualche libro al riguardo prima, come è stato per il cinema americano in fin dei conti. Però ecco, riesco a guardare i vecchi film muti, ma il western resta ancora un’ardua sfida. Comunque sono apertissima a suggerimenti, quindi se hai qualche dritta sono tutta orecchi!
Intanto sto incominciando a lavorare alla lista degli imperdibili degli anni Sessanta (ci ho messo un mese per scegliere questi e non credo stavolta sarà più facile!) e il mio buon proposito è quello di finirla per ottobre!
Su Django con Franco Nero ho fatto anche io la stessa cosa, recuperarlo dopo aver visto tre volte il film di Tarantino, e mi sono arenato. Beh sul western in generale non ti indico Sergio Leone (fondamentale!) perchè se adori Tarantino allora lo devi conoscere già. Ti consiglio il percorso di “avvicinamento” che ho fatto io: prima di arrivare ai classici (John Ford, Howard Hawks) inizia con Gli Spietati di Clint Eastwood e I Cancelli del Cielo di Cimino (soprattutto questo, uno grandosioso film maledetto). Io prima li snobbavo, adesso sono due dei miei film preferiti.Se poi ti ho convinto, una volta che li hai visti, mi saprai dire.
Nella lista sugli anni sessanta spero ci sia almeno un film di Pasolini 🙂
P.s. Ma se ami Tarantino e non ami il western che ne pensi di The Hateful Eight (che è la summa del genere)?
Di Sergio Leone ho pensato bene di guardare soltanto C’era una volta in America perché mi sembrava doveroso (e perché a casa mia c’è una sorta di venerazione per De Niro) ma non mi sono mai avventurata oltre. Prenderò nota e tenterò.
Pasolini non posso metterlo da parte, nonostante lo abbia sempre preferito come letterato/giornalista che come cineasta, ma ci sono suoi film decisamente degni di nota.
Comunque a me The Hateful Eight è piaciuto, nonostante le polemiche e nonostante si sia rivelato diverso da come tutti ce lo aspettavamo (ma con Tarantino è così, si sa!)
Ho scritto una recensione che trovi qui: http://www.ladyo.it/the-hateful-eight-una-partita-a-scacchi-in-un-lago-di-sangue/ perché mi sembrava doveroso difenderlo dalle polemiche!
Pensa che io C’era una volta in America l’ho visto per la prima volta tipo un paio di settimane fa. Comunque su Leone parti da Per un pugno di dollari e vai avanti cronologicamente fino a Giù la testa. E’ il modo migliore!
Io invece su Hateful Eight ho avuto diversi problemi. L’ho visto due volte (in v.o. e in italiano) ma entrambe le versioni mi hanno lasciato l’amaro in bocca. Come hai scritto H8, forse più degli altri film di Tarantino, va metabolizzato per bene, bisogna immergervisi dentro per apprezzarlo veramente. Boh, a me molti aspetti mi sono sembrati stonati e un pò superficiali, come se Tarantino desse per scontato il suo rapporto con il pubblico e il suo talento (non so, forse mi spiego meglio qui: http://ilfoglietto.it/film/4440-the-hateful-eight-il-film-visto-in-anteprima-dal-foglietto.html). Ciò detto Kurt Russell e Samuel L. Jackson sono enormi ed è fantastico tutto il discorso legato alla lettera di Lincoln.
Su PPP Accattone e Uccellacci e uccellini sono pura poesia 🙂