In un post piuttosto recente avevo parlato di una playlist “contenente le canzoni più strazianti concepite negli ultimi cinquant’anni” (sì, mi sto autocitando, ho sempre desiderato farlo!)
La cosa veramente divertente è che alcune tre persone mi hanno chiesto se questa fantomatica playlist esista veramente.
Ebbene sì.
Esiste e mi tiene compagnia nelle notti insonni, straziandomi l’animo con la potenza di mille soli quando appunto gli ormoni pazzi mi annebbiano la ragione, ricordandomi non soltanto di essere in premestruo, ma che è anche ora di sgorgare i condotti lacrimali, tanto per non dimenticare la mia effettiva appartenenza al genere umano.
Si tratta di una playlist piuttosto consistente, quindi ho deciso di selezionare solamente cinque brani in particolare, quelli che per un motivo o per l’altro riescono puntualmente a distruggermi ogni volta che li ascolto. Sono tutti pezzi in inglese, questo perché sono una persona con seri disturbi e tutto deve essere ordinato per provenienza geografica/idiomatica (anche i miei libri sono suddivisi secondo questo folle criterio). Capirete bene dunque che in questa playlist non figura nemmeno una canzone italiana.
D’altra parte se e quando voglio deprimermi con della musica made in Italy negli ultimi mesi mi è sufficiente ascoltare tre canzoni di Calcutta di fila – Cosa mi manchi a fare, Fari, Del verde – e lo psicodramma è servito.
Ma per un malessere abissale, che persista ore ed ore e affondi le sue radici nel più profondo dell’anima, costringendomi a riflettere e a contemplare la vastità delle cantonate prese in appena venticinque anni di vita, le seguenti cinque canzoni non hanno eguali.
Inutile dire che, tranne rare eccezioni, a rendere triste o meno un brano sono le orecchie di chi ascolta e soprattutto i momenti della vita, le situazioni a cui questo viene associato.
Io ho l’abitudine di immaginare costantemente una colonna sonora di sottofondo per gli attimi importanti: quindi insomma, mi basta davvero poco e la frittata è fatta.
1# Romeo and Juliet – Dire Straits
Potrei scrivere papiri e papiri su questa canzone, cominciando dal momento in cui l’ho ascoltata la prima volta alla tenera età di 6 anni, seduta sul pavimento dell’ingresso della vecchia casa in via Carlo Lorenzini, direttamente dal piatto per gli LP di mio padre.
In generale Making Movies è un album che ha significato sempre tanto per me, ma questa canzone in particolare è stata una crudele iniziazione alla vita.
“Ti faccio sentire una bella canzone dove c’è il tuo nome” aveva detto mio padre, felicemente inconsapevole.
Romeo and Juliet ha scandito momenti importanti della mia vita, la prima volta in cui ho creduto d’innamorarmi, la prima volta in cui di fatto mi sono innamorata ma di qualcosa che era soltanto nella mia testa – come ogni adolescente che si rispetti!– l’ideale d’amore che rincorrevo e che mi ripromettevo di cercare e perseguire nel mondo, la conseguente ed inevitabile disillusione che poi l’amore potesse essere effettivamente quello.
Chissà, forse avrebbe dovuto insospettirmi il fatto che i protagonisti della canzone sono pur sempre Romeo e Giulietta, il cui amore non ha proprio avuto un happy ending!
Ma niente, ogni volta in cui sento “When you wanna realise it was just that the time was wrong Juliet?” penso che siamo un po’ tutti come Romeo quando non trova le parole giuste, penso che la maggior parte delle volte le persone lascino a desiderare, consapevolmente o meno, e distruggano le nostre aspettative. Però poi ogni tanto s’incontra gente il cui sguardo fa desiderare di essere migliori e quindi viene voglia di guardarsi nei loro occhi per continuare a vedersi. E allora le cose che di solito sono sempre state difficili, d’improvviso diventano facili.
2# With or withou – U2
Non conosco sufficientemente gli U2 per poter dire con certezza che questa sia la loro canzone più bella. Per quel che mi riguarda però si tratta davvero di uno dei testi più devastanti presenti nella mia playlist e nel mio bagaglio musicale. Non sono mai riuscita ad ascoltarla senza avere gli occhi quanto meno appannati da un velo di lacrime.
Non so se Bono parli effettivamente di una storia d’amore travagliata o della sua anima divisa tra carriera e vita privata. So soltanto che mi sento sempre molto toccata da quel senso di attesa, la fastidiosa vertigine alla bocca dello stomaco di chi è appeso ad un filo, aspettando non si sa cosa, ma avverte già la rassegnazione.
Questo perché posso dire con cognizione di causa che non mi piace vivere in apnea, non mi piace chi non sa se restare o andarsene, non mi piace aspettare che qualcuno prenda una decisione, non mi piace chi si svela troppo ma con l’intento di mettere le mani avanti, non mi piace chi non ha il coraggio di assumersi le responsabilità di una scelta.
3# For once in your life – Hole
Momento confessionale: sono pazzamente innamorata della voce di Courtney Love. Ebbene sì. Lo so che non è intonata – chissà, forse i suoi leggendari cocktail di droghe&alcool potrebbero aver contribuito!– e so che buona parte dei fan dei Nirvana la detesta. Però molte sue canzoni mi piacciono e questa in particolare è stata il perfetto specchio del caos che mi sentivo dentro durante un anno di faticosi cambiamenti. Un anno in cui pensavo d’essermi persa chissà dove, in cui mi sentivo lontana anni luce dalla me che conoscevo e invece poi è saltato fuori che in realtà avevo soltanto perso dei pezzi. Pezzi diventati ormai superflui, un po’ come le rotelle per la bicicletta una volta che si va spediti senza e si riesce a mantenere l’equilibrio.
Potare i rami, mantenere le radici. Per un po’ ho confuso le due cose, poi tutto è tornato al proprio posto pur essendo cambiato nel profondo.
Sono arrivata alla fine dello scorso anno con un’unica consapevolezza: io so correre. So correre davvero veloce, forse un giorno riuscirò addirittura a volare quando avrò sufficiente coraggio e forza di volontà. Quindi non posso permettermi di circondarmi di persone che hanno soltanto voglia di stare ferme o tutt’al più di muovere qualche pigro passo. Ho venticinque anni e ho troppe cose da fare, troppi posti in cui andare, troppa strada da percorrere.
4# Just Breath – Pearl Jam
Ciao cuori romantici, tenerelli di tutte le terre emerse, trottolini amorosi dudùdadadà!
Non c’è molto da dire, perché come facilmente intuibile da un testo in cui non si fa altro che ripetere “Stay with me, you’re all I see. Did I say that I need you? Did I say that I want you?” si tratta di una canzone d’amore DOC. Nel mio caso si tratta di un amore ormai passato e finito, quindi inevitabilmente questa canzone resta e resterà sempre la colonna sonora di prime volte importanti, di corse in motorino col vento tra i capelli, quando un telo sull’erba e il ronzio degli insetti tutto sommato sembravano equivalere alla formula segreta della felicità.
Ma non è tanto per questo che Just Breath merita di stare nella playlist della depressione. I ricordi fanno male solo all’inizio, quando hanno ancora gli spigoli ben acuminati e bisogna maneggiarli con cura, poi fanno la fine dei pezzi di vetro abbandonati sulla spiaggia che diventano meno pericolosi e persino piacevoli da vedere.
L’unica cosa che mi manca davvero di quei momenti è la totale inconsapevolezza e spontaneità con cui tutto è stato fatto. Io non lo so se riuscirò mai a fare di nuovo qualsiasi cosa, fosse anche stare sdraiata sull’erba in compagnia di qualcuno, senza farmi domande e senza analizzare tutto al microscopio cercando di razionalizzare.
5# Please, please, please let me get what I want – The Smiths
Sembra impossibile sentirsi di merda in appena 1:53 vero?
Ebbene i The Smiths ce l’hanno fatta, sono riusciti in quest’impresa coniugando un testo con appena cinque frasi di senso compiuto e una musica straziante sopra ogni immaginazione. Serve davvero aggiungere altro?
Come s’intuisce facilmente dal titolo è una sorta di preghiera, il che mi porta a pensare proprio a quei momenti di disperazione totale in cui si inizia a parlare da soli, ad invocare dii nei quali non si è mai creduto, a chiedersi perché cazzo mai una volta che le cose possano andare per il verso giusto e debba sempre piovere sul bagnato.
A volte mi piace pensare che desiderare qualcosa con tutte le proprie forze possa in qualche modo influenzare gli equilibri dell’universo, dare una specie di scossone al karma o una roba del genere. Ma sinceramente non so nemmeno io quanto possa essere attendibile come teoria. Mi limito a dirmi che andrà meglio, perché insomma davvero prima o poi deve andare meglio, ma in tutta onestà questo futuro semplice inizia a starmi sulle balle e preferirei di gran lunga fosse un banalissimo ma sempre benaccetto presente.
Se queste cinque canzoni non sono riuscite a scalfire il vostro animo in modo alcuno vi butto lì un’altra manciata di titoli presenti nella mia playlist, come Love Lost dei The Temper Trap, Let me give the world to you degli Smashing Pumpkins, Whatsername dei Green Day, Wonderwall degli Oasis, Perfect Day di Lou Reed e Hallelujah di Jeff Buckley che secondo me stenderebbe anche i cuori di pietra più ostinati.
E ora scusate, ma vado a buttarmi sul letto per concludere l’opera ed esaurire le lacrime rimaste.
Ah, sì, ovviamente sono in premestruo.
Un ‘articolo’ meraviglioso, pieno di verità! Complimenti da una tua quasi coetanea, adesso vado a far sfogare il mio condotto lacrimale