Ognuno ha quel che si merita (?)

10 dicembre 2015

«Accettiamo l’amore che pensiamo di meritare»
(Noi siamo infinito)

Mi sto ritrovando sempre più spesso a pensare a quanto l’idea di ciò che crediamo di meritare ci condizioni in tutti gli ambiti della vita, in particolar modo in quello relazionale. Abbiamo amicizie che teniamo lì, in standby, persone con le quali, per pigrizia o convenienza, non riusciamo a definire in che tipo di rapporti siamo. Amici? Conoscenti?
Ci applichiamo tanto in rapporti sadico-masochisti che ci fanno stare soltanto male ma che per qualche assurdo motivo continuiamo a portare avanti, facendo anche una fatica notevole, solo perché l’idea di non avere più quel qualcosa per cui struggerci ci spaventa più dell’affrontare puntualmente il macigno e la gastrite che relazioni del genere regalano periodicamente.
E garantisco che è l’unica cosa che sanno e che vogliono regalare.
Credo che tutte tutte tutte le persone del pianeta, soprattutto quelle di sesso femminile – ah, che cliché! -, siano incappate almeno una volta nella vita in un rapporto del genere sadico-masochista.
Io li chiamo i vicoli ciechi.
Perché, per quanto all’inizio tenti di convincermi del contrario (fallendo miseramente oltretutto, dal momento che sono l’unica persona a cui non so proprio raccontare balle), la verità è che tanto prima o dopo finirò con lo schiantarmi contro un muro di duri e freddi mattoni.

SBOM.

Bernoccolo colossale, alcool per disinfettare – e dimenticare – e cerotti. Tanti cerotti. Uno per ogni “lo sapevo” che mi ero detta tra me e me prima dell’urto.
Sì, lo sapevo, ma senza schianto non lo sapevo per davvero.
Così dopo qualche botta, alcune più clamorose e dolorose di altre, ho dovuto imparare a riconoscere i segnali, quei segnali che mi vogliono avvertire del pericolo imminente, del muro di mattoni nei paraggi.
E, per quanto suoni assurdo, a captare quei segnali non è il mio cuore – buono quello! – né il mio cervello sopraffino. Ebbene no. È il mio stomaco.
Se un rapporto, di qualsiasi tipo, mi crea disturbi intestinali, allora è scientificamente e statisticamente dimostrato che non è affatto salutare alla mia persona.
Quando una persona mi fa passare l’appetito, mi fa venire la gastrite, la colite, la nausea e mi fa venire voglia di andare in overdose di Plasil, allora devo prendere in considerazione l’idea di evitarla come le piattole.
Razionalmente parlando sembra un gioco, una cosa da nulla. Un ragionamento logico che non fa una piega nemmeno per sbaglio.
Allora perché invece nella pratica lasciamo sempre a desiderare?
Perché se sappiamo di essere brave persone, persone che hanno così tanto da dare, persone che potrebbero essere meravigliose e straordinarie, permettiamo a qualcuno di farci credere di meritare la banalità, gli avanzi, le briciole del loro tempo e dei loro sentimenti? Perché permettiamo a qualcuno di farci sentire ordinarie, non necessarie, irrilevanti come un pezzo d’arredamento un po’ kitch che stona in quel noioso salotto che è la loro inutile vita?
Crediamo sempre di riuscire a farci vedere da costoro per quello che siamo, convinti che quando ci riusciranno sapranno apprezzarlo, dimenticando che se la persona che abbiamo davanti deve sforzarsi per vederci evidentemente non è in grado di farlo.
E allora, forse, non vale poi così tanto la pena impegnarsi ad essere meravigliosi finendo col doversi mettere tutti quei cerotti per chi non riesce nemmeno a vedere qualcosa che per altri la differenza la fa eccome.

 

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