Io ho una memoria veramente pazzesca.
Raramente dimentico qualcosa, se lo faccio è perché probabilmente non lo ritengo degno di nota. Ma altrimenti sono un vero portento nel ricordare dettagli, sottigliezze, cose. Spesso infatti, quando mi ritrovo a vivere momenti felici o situazioni che percepisco in qualche modo importanti, sono lì che cerco di catturare ogni singolo particolare, ogni minuzia. Dai vestiti che ho addosso alla sensazione che sto provando. Dagli occhi della persona che ho di fronte alla crepa che vedo sulla parete proprio dritto davanti a me.
Come se sapessi che un giorno avrò l’inspiegabile bisogno di riguardare nella mia testa quel momento.
Solitamente mi succede in precise circostanze.
Tipo quando faccio qualcosa per la prima volta.
Quando entro in un posto per la prima volta, quando incontro una persona per la prima volta, quando indosso un vestito per la prima volta, quando mangio una cosa per la prima volta, quando dico qualcosa per la prima volta.
Ho questa stupida abitudine di legarmi alle prime volte: i primi sguardi, i primi incontri, le prime impressioni.
Non è un caso se quando scopro un nuovo musicista quella a cui mi lego di più è la prima canzone che ascolto, quella grazie alla quale decido che forse vale la pena ascoltarne un’altra e poi un’altra ancora. Una sorta di biglietto da visita, una specie di tacito accordo che sancisce il nostro primo incontro.
E non so perché mi rendo sempre conto quando ho davanti un primo incontro che potrebbe cambiarmi anche solo un po’ la vita. Uno di quelli che, per l’appunto, è sempre meglio tenere a mente.
Perché poi? Non sarebbe meglio lasciarle andare le cose, dimenticarle, farle volare via per aria come fossero palloncini pieni d’elio?
Non sarebbe tutto più facile?
Invece no, io sono così brava a lasciar andare soltanto le persone ma non i momenti, non i ricordi. Devo sempre stare lì a rimuginarci su. A farmi del male in modo totalmente gratuito, perché poi è inevitabile. Quello che è stato ferisce sempre un po’. All’inizio per pura nostalgia, poi soltanto per paura. Paura di non riuscire a rivivere momenti così, paura di non sapere cosa ci sarà dopo.
Che poi uno cresce e crede di averle esaurite tutte le prime volte importanti e invece è proprio l’esatto contrario perché è proprio crescendo che capisci quanto siano le persone con cui condividi le cose a rendere tale una prima volta importante.
Una prima volta unica, sempre ad un passo dalla perfezione assoluta. Ed è quel centimetro, quello spazietto di distanza, così piccolo che forse ci passerebbe a stento il mio mignolo, è quello a spingerci ogni volta a cercare una nuova prima volta.
Magari con un nuovo qualcuno. Magari no. Magari da soli.
Ma in ogni caso siamo spinti a tentare di nuovo, a riprovarci. Anche solo per vedere se stavolta, se questa nuova prima volta, riusciamo finalmente a toccarla davvero la perfezione.
