Impara, o’ Giulia, impara!

C’è un momento in cui inevitabilmente devi fare i conti con quello che ti scroscia dentro, un momento in cui arriva l’ondata un po’ più forte che inaspettatamente ti travolge.
E non importa dove tu sia.
Che sia nel bel mezzo di una conversazione, che sia a casa rannicchiata sul letto o su un tram polveroso che avanza malamente sulle rotaie. Ovunque tu sia, quando quel momento arriva, quando quell’onda arriva, devi affogare.
Travolta. Tutto diventa sfocato, i rumori e le chiacchiere diventano un lontano e ovattato sottofondo e il respiro ti muore in gola. Il cuore salta un battito, poi comincia a correre e nelle orecchie non senti altro.
L’apnea. E il rumore di quell’onda si confonde con quello dei pensieri che d’un tratto si ammassano fragorosamente, come tanti piatti accatastati, impilati uno sopra l’altro.
A furia di rimandare la pila è cresciuta e fa ancora più paura di prima.
Sei brava a rimandare, ad aggirare i problemi, ti dici. Ed è vero.
Hai sempre avuto un talento invidiabile nel girare le spalle a tutto ciò che ti fa paura, a svolazzare via come una farfalla, stampandoti un sorriso ingiusto sul viso perché è quello che credi gli altri si aspettino da te. Ma forse l’unica a cui pensi di doverlo sei tu. Ti sei come imposta che soffrire, stare male, sia un crimine contro la tua persona, contro i tuoi principi.
E c’eri sempre riuscita, straordinariamente.
Svolazzavi via, giravolta dopo giravolta, giravi l’angolo ed ecco che il nodo allo stomaco cedeva lentamente, fino a sciogliersi in quel sorriso beffardo contro il mondo che ti voleva vedere piegata.
Invece no. Tu volavi via, lontano, non più a portata di mano.
Stavolta quel magone sembra aver trovato la strada, neanche avessi cosparso il tuo sentiero di briciole di pane. Ti trova, ti sorprende, ti aggira come avevi sempre fatto tu.
E poi eccolo lì, davanti a te, inaspettatamente. Quando credevi che quel tuo sorriso fosse vero, non più forzato dalla rigidità dei tuoi schemi, delle tue aspettative.
Devi imparare a stare male e a viverti un dolore in modo profondo. Vero. Autentico.
Non puoi sempre scappare.
Hai il diritto di sentirti delusa, di voler piangere, di non voler sorridere, senza sentirti per questo banale o vulnerabile. Forse ci vuole molto più coraggio ad ammettere le proprie debolezze, ad accoglierle e far loro spazio, come fossero vecchie amiche e non ospiti indesiderati.
In fin dei conti è facile girare i tacchi e mollare tutto per andare verso orizzonti migliori. Tutti possono farlo. Decidere di restare ed affrontare quello che è già lì è la vera sfida che dovresti raccogliere una volta per tutte.
Se sei forte puoi rimanere vicino a quella pila di pensieri rimasti ad aspettare qualcosa, forse di essere presi in considerazione. Pensieri. Ricordi. E per quanto la tentazione di romperli a terra, come fossero davvero piatti del più scadente dei servizi, sia forte, tu non lo farai.
Perché c’è ancora quella parte di te che sa bene come si possa imparare dalle cose passate, perdute. Impara Giulia, ti dici. Impara e non sbagliare più, ma se dovessi sbagliare ancora allora impara e piangi, impara e soffri, impara e piegati sulle ginocchia se serve, impara e chiedi una mano per rialzarti se senti di averne bisogno, impara e non avere paura di chiedere aiuto, impara e vivi. Vivi senza quella cazzo di armatura, di giubbotto antiproiettili con cui ti avvolgi per essere invincibile contro il mondo, perché a volte farsi male fa bene, è salutare. Ti aiuta a capire fin dove puoi arrivare, ti aiuta a tirare fuori il meglio di te, a scavare a fondo nel marasma che hai dentro la testa per capire meglio chi sei.
E hai bisogno di capire sempre meglio chi tu sia, perché sei l’unica persona che avrai sempre accanto per il resto della vita, fino alla fine. L’unica che hai il dovere di amare per sempre, anche se è difficile, anche se quando ti guardi negli occhi degli altri vedi una persona troppo, troppo complicata, dietro la quale credi sia troppo difficile stare.
Però sai anche che non hai bisogno di qualcuno che ti stia dietro, perché a lungo andare dover girare la testa per guardarla diventa faticoso, noioso e limitante. Quindi non guardarti più con gli occhi della gente che hai intorno, impara a guardarti con i tuoi di occhi – che anche se non ci vedi benissimo hai pur sempre i tuoi enormi occhiali – e soprattutto cerca di capire che non hai bisogno di essere gestita, ma proprio di essere lasciata libera così, di andare, piangere e sbagliare.
Se lo diceva anche Hemingway che “sei la dolcezza della tua risata / e ogni lacrima versata” evidentemente piangere un po’ non è poi il crimine contro l’umanità che credi tu.

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